Maggio 2018, si apre ufficialmente la stagione del luccio.

Quest’anno per varie ragioni, nel cui merito non voglio addentrarmi, il divieto della pesca al luccio o meglio il così detto “NoKill” al luccio, è stato tolto, ma il legislatore si è scordato di reintrodurre il divieto di insidiare l’esocide nel periodo della frega (gennaio-aprile), come era, invece, in passato.

Questo, però, non cambia la mia mentalità nei confronti dei pesci ed il rispetto che meritano, quindi, per quanto mi riguarda, non si va a pescare “paperi” prima della festa nazionale del lavoro, stesso dicasi per il temolo, che fino alla fine del mese delle rose evito le zone dov’è presente e comunque cerco di pescare a piede asciutto, per preservare in nidi di frega.

Quando un frequentatore del Forum “pescare in friuli venezia giulia” ha buttato l’idea di una pescata al lupo d’acqua dolce dalla barca… non sono riuscito a trattenermi e gli ho scroccato un passaggio, ma ho portato in cambio delle birrette da bere a bordo in caso di successo (durante la sessione) oppure  in caso di clamoroso cappotto successivamente per leccarsi le ferite. Quindi una enorme e doveroso grazie per la pescata va a Cristian89.

Per rispetto nei confronti del Comandante del natante, un piccolo, ma funzionale Tender con motore elettrico, ed al suo amico,  che glielo aveva suggerito, non posso rivelare dove si trova lo Spot, dico solo che sulla licenza ho segnato A2.

La sessione di pesca è iniziata verso le 17.00, quando la marea era quasi al minimo, e siamo andati avanti fino al tramonto, anche se il sottoscritto ha dovuto alzare bandiera bianca una mezzoretta, prima causa di un infiammazione al polso ed ai muscoli dell’avambraccio sinistro, causato dalle numero “strippate” che si sono susseguite in circa tre ore di full immersion, o quasi, di pesca.

A tutti gli effetti, era la prima volta che andavo “seriamente” a lucci a primavera, e nel periodo post frega, quindi per me era tutto nuovo, spot sconosciuto, setting da usare, mosca adatta alla stagione, tipo di recupero, umore del predatore…

Abbiamo risalito la corrente cercando di non rimanere incagliati nelle erbe, che in certi punti creavano una vera prateria, mentre in altri si seguivano dei canali più sgombri. Il letto del corso d’acqua non era regolare, ampie buche dove la corrente era quasi ferma, si susseguivano a zone molto meno profonde facilmente riconoscibili per la vegetazione affiorante e l’improvviso aumento della velocità della corrente. Dopo alcune decine di minuti, abbiamo trovato un punto interessante da cui cominciare, ed abbiamo bagnato le lenze, io a mosca ed il mio compagno a spinning pesante, così abbiamo differenziato le tecniche ed abbiamo potuto confrontarci man mano con le rispettive esperienze dirette.

Prima di iniziare la sessione di pesca pensavo che avremmo avuto problemi e trovato delle difficolta a pescare entrambi ed in contemporanea, stando su quel piccolo “guscio di noce” di circa 3 metri, ed invece con Cristian al timone ed io a prua (meglio di Leonardo Di Caprio in Titanic 😉 ) ci siamo subito trovati a nostro agio; uno batteva una sponda, l’altro l’opposta, se il Tender ruotava invertivamo le aree di lavoro, oppure ci concentravama entrambi su qualche punto che pareva più profiquo, ad esempio qualche albero caduto semi sommerso oppure ostacoli affioranti come bricole o pontili d’ormeggio, facendo particolare attenzione alle cime delle altre barche in acqua.

Il primo sussulto è arrivato sul mio amo, avevo montato un clouser bianco e giallo con un terminale float da 120cm a nodi conico con coda galleggiante e pescavo con lanci a raggiera ampia e recupero misto.

Un luccetto sui 35 cm ha completamente ingoiato l’esca. Fortunatamente avevo appresso il mio super guadino da grandi predatori, perchè la slamatura si è rivelata estremamente complicata, sia perchè il pesce aveva completamente ingoiato l’esca, il nodo di chiusura era al livello dei denti inferiori, sia perchè le dimensioni dello stesso complicavano la procedura… non riuscivo ad opercolarlo ed a maneggiarlo correttamente senza rischiare di danneggiarlo. Togliere l’esca era fuori discussione, anche perchè avevo commesso un tragico fatale errore… mi ero scordato di togliere l’ardiglione, quindi pensare di spingere più in profondità la mosca per poi tentare di ruotarla di  90° a destra o sinistra avrebbe lesionato ancora di più la bestiola… l’unica soluzione percorribile era riuscire a tranciare l’amo, lasciandogli solo la minima parte conficcata ed estrarre quello che ne rimaneva dell’esca, ma anche questa strada non era semplice, bisognava passare attraverso le branchie, cercando di tenere il pesce fuori dall’acqua il meno possibile, sperando che collaborasse dimenandosi il meno possibile… alla fine, dopo alcune decine di secondi che sono sembrati un eternità, le tronchesi lunghe che avevo comprato a fine 2017, pagandole un botto o quasi, hanno dimostrato tutto il loro valore, tranciando di netto e quasi senza sforzo un amo 3/0 riusciendo soprattutto a passare con la testa di taglio tra le branchie senza danneggiare ulteriormente quel piccolo, futuro, grande predatore. Estratto quello che rimaneva del clouser, e donato come omaggio e ricordo al mio collega, abbiamo lasciato che il luccio si riprendesse ed ossigenasse al sicuro nel grande guadino gommato, per poi lasciarlo raggiugere nuovamente la libertà ed il grande fiume, non prima di averlo ringraziato per le emozioni regalate e la paura che ci ha fatto prendere, con quell’esca praticamente nello stomaco.

A questo punto una doverosa pausa di riflessione ed una birra per brindare sia alla cattura che al roccambolesco rilascio era quanto meno doverosa. Per quanto mi riguardava, ero pienamente soddisfatto, avevo conosciuto un nuovo interessantissimo spot, avevo azzeccato il setting e l’esca corretta, avevo ingannato un nobile predatore… ora toccava al mio compare, provare la gioia di “scappottare”, ed il passaggio da HardBait a SoftBait non ha tardato a dare i suoi frutti… non c’è stato un attacco finalizzato, ma un bellissimo inseguimento con un paio di “toccate”, ma l’amo era qualche millimetro a monte ed il tutto si è concluso con un nulla di fatto, ma almeno l’esca era quella giusta, e tenuta alla profondità corretta.

Facendoci trascinare dalla corrente siamo scesi verso valle, compensando l’eventuale corrente eccessiva con il motore elettrico.

Lo spot non ha deluso le aspettative: utilizzando sempre la medesima tecnica altri due piccoli lucci, sui 35/40 cm non hanno resistito all’inganno del clouser e si sono fatti allamare, fortunatamente la mosca, in queste occasioni, era molto più libera e la mancanza dell’ardiglione (rimosso prima di reiniziare la sessione) ha agevolato non poco la slamatura, anzi il secondo esocide, preso quasi nella stessa area del precedente, si è liberato dell’amo praticamente nel guadino, risparmiandomi la fatica di usare le pinze a becco lungo, le quali sono servite per il primo, ma l’operazione è durata veramente pochi secondi, compresa la foto ricordo.

Ora la situazione cominciava, però, a pesarmi, io avevo già tre tacche sulla canna ed il mio compagno che si era fatto la sudata per mettere in acqua la barchetta, compreso motore e batteria, nemmeno una, se escludiamo quel fugace attacco sulla softbait… pareva che questa volta gli dei della pesca non volessero collaborare. Forse l’esca era davvero troppo grossa, Cristian era tornato all’HardBait, ed aveva optato per un’imitazione di iridea da quasi 100gr, forse la presentazione risultava spesso troppo rumorosa, ma il movimento dell’esca in acqua era realistico, forse il predatore non conosceva il pesce reale che l’esca imitava… ed a complicare il tutto ci si mettevano pure i “piumini” che posandosi sulla superficie dell’acqua si attaccavano alle lenze, ma la fortuna o la sfortuna stava per girare.

Cristian lancia in una “morta” in prossimità di un albero caduto semisommerso, e quando è a mezza distanza tra la sponda e la barca, ecco le parole che speravo di udire da tempo, “Eccolo, ce l’ho”. Mi preparo, recupero tutta la coda che avevo ancora in acqua, metto giù la canna e prendo il guadino, guardo il punto dove la lenza incontra l’acqua, scorgo la sagoma al disotto e … non è proprio un luccetto, magari non il big che l’amico sperava di insidiare con un esca così voluminosa, ma è comunque una gran bella preda, al secondo tentativo il pesce è nella rete. Il compare si merita un bel “cinque”, dopo di chè opercolato per bene, con le pinze rimuovo l’ancoretta e faccio rifiatare il nostro amico tenendolo nel guadino; misuratina veloce a spanne (circa 2 e 1/2, corrispondente ad una lunghezza stimata di circa 55/60cm) lo ammiriamo e lo ringraziamo per il divertimento e lo restituiamo al suo ambiente.

Ora posso essere soddisfatto, abbiamo “scappottato” entrambi.

Il fiume non aveva, però, finito di elargire doni, scendiamo di alcune decine di metri, ed ecco che un altro luccio sempre della stessa taglia dei precedenti si fa tentare dal solito micidiale clouser… anche in questo caso la slamatura risulta veloce e facile.

Questa ultima cattura mi regala un sorriso al pensiero che siano presenti tanti Esox Lucius giovani, avranno circa 1 o 2 anni, e mi fa ben sperare per il futuro della specie e del divertimento che possono regalare, a patto che noi pescatori rispettiamo le prede ed il loro ambiente.

Oramai siamo al crepuscolo, l’avambraccio mi fa un male cane, e quindi lascio che Cristian tenti il bis, senza fastidi alle spalle, ma con la luce che cala, anche l’attività diminuisce, alcune scardole o cavedani, bollano o saltano sotto riva, magari su qualche mosca di maggio, mentre per noi è arrivato il momento di tornare a riva, scaricare tutto e caricare il natante sull’auto per poi rincasare.

Quando finiamo c’è solo la lampada sulla fronte di Cristian che ci permette di vedere, diavolo di un uomo attrezzato :), cinghiamo la barca sulle barre portatutto e ci diamo appuntamento ad una futura prossima uscita in compagnia, visto che pesca a mosca e pesca a spinning possono convivere non solo nello stesso ambiente, ma anche sullo stesso piccolo scafo.

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